mercoledì 9 novembre 2016

Feste, tradizioni e culto di S. Martino

Feste, tradizioni e culto di San Martino

Avranno inizio domani, nel nostro omonimo paese, i festeggiamenti in onore di S. Martino riconosciuto come modello europeo di carità.
Il comandamento nuovo di Cristo è rappresentato dalla sacra effigie nella nostra Chiesa parrocchiale: un giovane cavaliere, poco più che ventenne, che dall’alto del cavallo taglia con la spada il suo mantello per dividerlo con un povero. Dall’amore per il prossimo è nata la venerazione di Martino. Tralasciando la storia esemplare del Santo che contrastò l’eresia ariana, al punto da essere definito “vir Dei” (uomo di Dio) dal suo biografo e di essere considerato il “Tredicesimo Apostolo”, mi soffermo sulle tradizioni che l’11 novembre comporta.
Un tempo, in tale periodo considerato una sorta di capodanno contadino, si mangiava e si beveva oltre misura prima di affrontare dal 12 del mese la penitenza e il digiuno che precedono il Natale (“Quaresima di S. Martino”). Ad incoraggiare il momento di baldoria era la conclusione delle attività agricole legate all’autunno, come pure il clima più mite (“l’estate di S. Martino”).
L’11 novembre si rinnovava la “sagra di S. Martino”, che consisteva nel modificare o chiudere i contratti agrari; si spillava il nuovo vino; si traslocava (“far S. Martino”).
Nel giorno stesso (definito “endegàri”) i contadini, da alcuni segni metereologici, prevedevano il tempo per il resto dell’inverno.
Numerose figurano le tradizioni legate alla festa di S. Martino, in modo particolare quelle riferite all’infanzia. Il grande falò della Germania è preceduto dai bambini con in mano lanterne colorate; a Malta viene regalato ai piccoli un sacchetto di frutta; a Venezia i bimbi, cantando una simpatica filastrocca e battendo pentole e coperchi, vanno di casa in casa per qualche monetina o dolcetto. Nel Veneto si prepara il dolce di S. Martino, un biscotto di pasta frolla con la forma del Santo Cavaliere.
In Sicilia si dice: «Quandu ’nci su’ sordi ’ntro cilicchinu è sempri Natali, Pasca e San Martinu». (Con i soldi nel borsellino è sempre festa). Nell’isola è il periodo del vino novello e del maiale. A Palermo si celebra il Santo dei poveri con il rito dei biscotti inzuppati nel moscato di Pantelleria. I ragazzi sfilano per le strade portando ceste di “pani di S. Martino”. Mostre mercato e degustazione di prodotti tipici si svolgono nel messinese. Nella frazione S. Martino del Comune di Spadafora si svolgono sfilate di cortei storici.
Numerose sono le leggende, i detti e i proverbi legati al Santo. Dal “martin pescatore” alla celebre “cappa” (dalla quale derivano i termini “cappella” e “cappellano”) fino al “martinet” (frusta che si calava dal camino per i piccoli monelli).
Tra i proverbi segnalo: ◙ Per S. Martino ogni mosto è vino. ◙ Chi vuole fare buon vino zappi e poti a San Martino. ◙ A S. Martino si lascia l’acqua e si beve il vino. ◙ Oca, castagne e vin ten tût pe’ San Martin. ◙ Chi non gioca a Natale, / chi non balla a Carnevale, / chi non beve a San Martino / è un amico malandrino. ◙ L’estate si S. Martino dura tre giorni e un pocolino.
Nella “Legenda Aurea” di Jacopo da Varazze si narra che Martino, dopo aver donato la tunica ad un mendicante, non ebbe il tempo di indossarne un’altra prima di rivestire i paramenti sacri per la celebrazione della Messa. Al momento dell’elevazione il Signore fece scendere sulle braccia nude del suo devoto per glorificarlo un globo di fuoco.
L’imponente statua in legno della nostra Chiesa è opera dell’illustre scultore Don Francesco De Lorenzo (1807-1866) da Varapodio (Reggio Cal.). Si racconta che il sacerdote, dopo aver impiegato oltre tre anni per eseguirla, si fosse tanto affezionato alla sua creatura da contemplarla notte e giorno. Perciò, quando i sammartinesi che l’avevano ordinata si recarono a ritirarla, l’artista dal balcone invocava a gran voce Martino perché non si separasse da lui. E fu tale il dolore provato nel vederlo allontanare che da lì a poco s’ammalò e presto andò a raggiungerlo in Cielo per ammirare in eterno il Suo vero volto radioso.
Il fervore del nostro paese per S. Martino non è mai venuto meno, come testimonia mio padre Rocco Caruso (1904-2000) nel suo scritto del 1959:
«La tradizione storica della festa nell’anno 1917 soltanto per volere del Santo non si spezzò. Infatti, il 10 novembre di quell’anno il sig. Girolamo Muratori, allora delegato sindaco del paese, un po’ turbato per il furioso incalzare della guerra mondiale, aveva stabilito di sospendere la celebrazione. Ma S. Martino gradiva che le anime, nel tempo a lui dedicato, potessero riconciliarsi con Dio chiedendo perdono dei loro peccati ed apparve al sindaco per invitarlo ad esaltare la Sua giornata. Nella notte (come si tramanda per S. Severino – vescovo di Colonia – e S. Ambrogio che nel medesimo istante faceva vedere la Sua gloriosa ascesa al Cielo), si presentò anche al sig. Vincenzo Romeo, benestante, molto devoto al Santo e capo del Comitato per i festeggiamenti. Mentre quest’ultimo stava all’aperto, nel suo fondo “Chiusa-Ciani”, scrutando il cielo che diveniva minaccioso, fu abbagliato da una luce che l’indusse ad inginocchiarsi. Riavutosi, alzò la testa per esaminare il fenomeno e vide dinanzi a sé un cavaliere, contraddistinto da un’aureola. Il misterioso personaggio lo esortò, quindi, a prestare la sua opera affinché la festa patronale si svolgesse come per il passato. Scomparsa la visione, il Romeo si sollevò da quell’atteggiamento di adorazione e sconvolto si portò a casa del sindaco per riferire l’accaduto e stabilire sul da fare. Ma con grande meraviglia, giunto dal Muratori, trovò il primo cittadino inginocchiato dinanzi all’immagine del Santo che implorava la benedizione. Entrambi raggiunsero il rev. don Giulio Celano (1875-1945), per 45 anni parroco del paese e, dopo aver esposto i fatti delle singole apparizioni, decisero di aprire quella sera stessa la chiesa e al suono delle campane invitare i fedeli alla preghiera, in segno di pentimento e di omaggio all’inclito Santo».
«Laddove è il nome di Cristo, Martino è in auge», sosteneva Venanzio.
In Francia, alla fine del secolo scorso, ben 3.675 località di culto venivano posti sotto l’invocazione del Santo. In Ungheria, Belgio, Olanda, Inghilterra, Germania, Spagna, Portogallo, Italia figurano numerosi santuari e chiese dedicati al Santo.
Con il diffondersi del Cristianesimo, anche negli altri continenti venne introdotto il culto di S. Martino.
Cristoforo Colombo, approdando nelle Antille, battezzò due nuove isole con il nome del Santo (l’isola Saint-Martin e la Martinica, oggi della Francia). Negli Stati Uniti d’America sorgono diverse chiese e l’abbazia di S. Martino nello Stato di Washington.
Con il suo esempio, Martino ha affascinato gli uomini di tutti i tempi. Non soltanto le leggende e i luoghi di culto, ma anche la letteratura e l’arte ne hanno esaltato la figura e l’opera.

Bibliografia essenziale:
D. Caruso: “Martino di Tours” – Il Santo della Carità – Centro Studi “S. Martino” – S. Martino-RC – Novembre 2007.

Redazione - 9 novembre 2016
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