venerdì 9 ottobre 2015

A' Madonna da' Muntagna



Un canto popolare musicato per la Madonna della Montagna. Ecco il testo e lo spartito di Domenico Caruso
E’ veramente grande la venerazione della Madonna della Montagna in tutta la Piana di Gioia Tauro e che trova nell’Aspromonte la sua massima diffusione!
Il suggestivo Santuario della Vergine di Polsi ha ispirato anche il taurianovese pio poeta Francesco Sofia Alessio (1873-1943) che nel 1936 ha composto il carme «Feriae montanae».
«Questo Santuario», ha scritto l’illustre latinista nella prefazione del suo poemetto, «fu fondato al tempo di Ruggiero il Normanno, dopo che un pastore vide un torello genuflesso dinnanzi ad una Croce greca, che si conserva ancora, e dopo l’apparizione della Vergine, che volle un tempio nella valle di Polsi per richiamare intorno a sé i fedeli di Calabria e di Sicilia.
Innumerevoli sono i miracoli operati dalla Vergine della Montagna e le grazie concesse.
Nell’anno 1771, i Principi di Caraffa, ottenuta per intercessione di Maria prole maschile, si recarono al Santuario per ringraziare la Vergine, ma giunti presso Bovalino il bambino morì. I Principi, composto il corpicino in una bara, ripresero il viaggio con la ferma fede che la Madonna lo avrebbe restituito in vita. Entrati nel Santuario esposero sull’altare il cadaverino e cominciarono a recitare le litanie, e quando si venne all’invocazione “Sancta Maria De Polsis” il bambino aperse gli occhi e tornò in vita. La bara si conserva ancora nel Santuario».
Sono numerosi i canti popolari rivolti alla Madre Celeste dell’Aspromonte, ma nessuno ha pensato ad una composizione per i cori parrocchiali e le bande musicali.
Pertanto, ho affidato al noto Maestro Camillo Berardi il mio modesto contributo che spero possa incontrare il consenso dei fedeli e spronare altri a meglio operare.

Ecco il testo e lo spartito:

A’ Madonna dâ Muntagna 
(Alla Madonna della Montagna di Polsi)

Versi di Domenico Caruso
Musica di Camillo Berardi

Sup’Asprumunti c’è ’na gran Signura,      
Maria di la Muntagna esti chiamata:                 
jèu mu’ l’arrivu no’ cci vìju l’ura                      
e no’ mi stancu di la caminata.                      

E comu i nostri patri sonu e cantu,          
‘u cori ’n manu a’ Vèrgini presentu
e no’ mi movu di lu locu santu                
se no’ si poni fini o’ me’  tormentu.   
                            
                              Rit.     Matri adorata, no’ m’abbandunati                  
                                         ca’ li bisogni me’ Vu’ li sapiti,                 
                                         vògghju gridari pe’ tutti li strati:       
                                        “Veniti genti e di prèju ciangiti!”    

Rigina chi lu Celu cumandati, 
la paci sulu Vu’ potiti dari:   .
pecchì pentutu su’ di li peccati,   
li Vostri gran virtù vògghju lodari!  

E quandu a la me’ casa jèu ritornu
mi sentu veramenti ricriari
e pregu la Madonna notti e jornu
pe’ li figghjòli e li perzuni cari.

 (Segue allegato con lo spartito musicale)

Servizio pubblicato da:
http://approdonews.it/giornale/?p=189580

domenica 23 agosto 2015

Il restauro della statua di S. Martino



L’effigie di S. Martino torna restaurata

 La scultura di S. Martino di Tours, Patrono dell’omonimo paese che, prima di appartenere al Comune di Taurianova (R.C.), ha rivestito un ruolo determinante nella storia d’Italia, è opera di don Francesco De Lorenzo (nato a Varapodio il 15 gennaio 1807 ed ivi deceduto il 13 febbraio 1866).
 A pag. 445 della sua monografia «Varapodio ieri e oggi» del 1990 don Antonino De Masi (1919-2009), dopo aver riportato due ipotesi di tradizione orale riguardanti l’autore della suddetta effigie, scrive testualmente: «La terza infine è la testimonianza di persone anziane di S. Martino di Taurianova le quali attestano, per averlo sentito dai loro avi, che la statua lignea del loro santo protettore S. Martino è opera d’un sacerdote di Varapodio che, nella fattispecie, corrisponderebbe a Francesco De Lorenzo.
 Tale tradizione popolare è riferita dallo studioso sammartinese Domenico Caruso nella sua opera: «Storia e Folklore Calabrese» - (Ed. Lit. Colarco, Taurianova, 1988 - pag. 97) che qui riportiamo.
  Si racconta che per costruire la statua i sammartinesi siano ricorsi, circa due secoli fa ad un artista e sacerdote di Varapodio. Costui impiegò più di tre anni a scolpire su duro legno la meravigliosa immagine del Santo Cavaliere, dal volto radioso, nell’atto di tagliare il mantello per darlo a un mendicante.
 L’autore si era tanto affezionato alla sua opera che trascorreva lunghe ore a contemplarla e non avrebbe voluto più staccarsene. Infatti, quando i sammartinesi andarono a ritirare festanti la statua, l’artista s’affacciò al balcone e disperatamente invocava il Santo perché non s’allontanasse da lui.
 Fu tale il dolore provocato che s’ammalò e dopo pochi giorni morì, raggiungendo così per sempre il Santo al Cielo per ammirarlo in tutto il suo splendore».
 Nella nostra Chiesa c’è una preziosa reliquia del Santo, le cui vicissitudini del corpo sono ben note.
 A questo punto, sento il dovere di ricordare che il merito d’aver scoperto l’autore della statua di S. Martino va al caro zio Girolamo Cordì, marito di Giuseppa Caruso - sorella di mio padre.
Chi era “Gilormu Cordì”, presto detto!
 Si legge nella pubblicazione del mio genitore Rocco Caruso: “San Martino Vescovo Confessore - Patrono di S. Martino (R.C.) - Tip. G. Palermo - Palmi, 1959:
 «La protezione di S. Martino era necessaria non solo alla povera gente del paese ed ai devoti, ma anche a quei giovani e uomini sposati che per difendere la Patria, allora in guerra (1915-18), avevano lasciato le loro case per combattere. Infatti, mentre un mio congiunto Girolamo Cordì - uomo religioso e devoto del Santo Patrono - era al fronte, una bomba lanciata dal nemico, durante un’operazione di pattuglia, gli esplodeva vicino.
Gettato a terra dallo spostamento d’aria invocò a gran voce il Santo e, quando tornò la calma, constatò sbalordito che, invece della morte, aveva riportato soltanto qualche ferita.
 Portato alla base e messo su un letto a riposare, si addormentò. Nel sonno gli apparve S. Martino il quale gli disse: - Per la tua devozione ho salvato te e tua moglie che ha dato alla luce un figlio! -
Mio cognato era tanto certo dell’accaduto che, appena sveglio, mandò a casa gli auguri per il neonato prima di ricevere dalla famiglia alcuna comunicazione.
La moglie, infatti, nel momento in cui lui ebbe l’apparizione aveva partorito un bel bambino, al quale in onore del Santo impose il nome di Martino».
 Come si evince dalle numerose testimonianze, la devozione per il Santo Protettore non è mai venuta meno e l’arrivo dell’effigie dopo il recente restauro rappresenta un importante evento nella storia del nostro paese.




domenica 19 luglio 2015

Come Francesco




Ancora un sonetto di Domenico Caruso su “Miracoli”

Il settimanale “Miracoli” di questa settimana (Anno III - n. 28 - 24 luglio 2015) ha pubblicato a pag. 23 nella rubrica “Caro Papa Ti scrivo") la quarta composizione, “nata di getto nel momento in cui è importante stare vicino al nostro Francesco”.
Ecco il testo:
           Come Francesco

E’ giunto da lontano immantinente
l’altro Francesco, nuovo servitore:
Papa Bergoglio, l’astro rifulgente
nel nostro tempo iniquo e corruttore.

Accanto sempre all’egro e all’indigente
accesa ha la speranza in ogni cuore
poiché nell’uomo è Cristo sofferente,
Onnipotente e nostro Redentore.

- Francesco, il mondo intero v’è vicino
e prega che possiate rinverdire
la dolorosa ascesa della Croce. -

E’ segno certo del voler divino:
- Senza malizia si può ben capire
che solo il Papa è veritiera voce! -

Nel ringraziare per l’attenzione, al più presto sarà inviata alla nota rivista la quinta poesia di viva attualità.



Il testo, di cui sopra, è pubblicato su "L'Approdo"  del 18 luglio 2015:
http://approdonews.it/giornale/?p=179259