Ricordando Padre Stefano De Fiores
Sabato 14 aprile è tornato alla Celeste Dimora
l’illustre teologo Padre Stefano De Fiores, motivo d’orgoglio per noi tutti che
abbiamo conosciuto la sua grande generosità e il suo tenace legame alla Terra
natia. Per lenire il sincero cordoglio, ripercorriamo la laboriosa esistenza e
la straordinaria opera che, siamo certi, l’intero mondo cattolico saprà meglio
valorizzare.
Nato a San Luca (R.C.) nel 1933 e battezzato
l’anno dopo a Polsi, dove la famiglia si era trasferita temporaneamente per
motivi di lavoro del padre, appaltatore edile, Stefano De Fiores consolidò in
quel Santuario un profondo anelito devozionale. Una mattina del 1946 Padre
Vittorio Berton, zelante monfortano, mentre era intento a celebrare la Messa, osservò il ragazzo
tutto assorto nella viva atmosfera del sacro rito. Nei giorni successivi ebbe
la conferma degli autentici sentimenti di
Stefano, per cui gli propose di diventare missionario della Madonna. La
risposta immediata del giovane fu quella di volersi fare sacerdote. A questo
punto la madre, consapevole della vocazione del figlio, fu ben lieta della
scelta e, all’età di appena 13 anni, Stefano partì alla volta di Redona di
Bergamo dove intraprese gli studi ginnasiali.
«... Il cammino da Polsi a Loreto», ha scritto
il Vescovo di Locri - Gerace, «è stato segnato da una devozione intensa alla
Vergine Maria. E’ questa devozione che ci dà la misura dell’individuazione di
questi due luoghi, il primo come punto di partenza e l’altro come approdo
significativo della vita, anche se non definitivo. Polsi è per P. Stefano la
culla della devozione mariana, il luogo dove Mamma Natalina, come fanno tutte
le nostre madri, ha insegnato al piccolo Stefano a scoprire l’eccelsa e universale
maternità di Maria e lo ha spinto a legarsi ad essa con un vincolo d’amore, che
avrebbe poi dovuto sostituire quello della sua maternità terrena... ».[1]
Superato lodevolmente ogni esame, Stefano svolse
a Castiglione Torinese il suo noviziato. Seguì il percorso liceale e teologico
nonché la densa e lunga esperienza comunitaria, vissuta all’interno della
Compagnia di Maria.
Il legame con San Luca, da apostolino, fu
rappresentato dal ritorno ogni anno nel mese di luglio. «Padre Stefano è
orgoglioso della sua Terra, che s’identifica con la prodigiosa Immagine di
Maria SS. della Montagna».[2]
A Loreto, nella Basilica, il 21 febbraio 1959 venne
ordinato sacerdote, ma decise di celebrare la prima Messa il 2 agosto 1960 nel suo
paese.
Da allora, l’impegno professionale e culturale
del religioso fu una continua ascesa: professore di storia dell’Arte, Licenza
in teologia presso la Pontificia Università
Lateranense, laurea in Teologia Spirituale (1973) alla Gregoriana della
capitale.
Pubblicò, quindi: “Maria nel mistero di Cristo
e della Chiesa”, primo di una lunga serie di libri. Chiamato ad insegnare
Mariologia alla romana Pontificia Facoltà Teologica “Marianum”, divenne famoso
nel settore. Al Vaticano, con Giovanni Paolo II, offrì il suo valido contributo
nell’elaborare documenti.
I numerosi riconoscimenti, l’appartenenza alle
più prestigiose accademie mariane, le autorevoli testimonianze dimostrarono che
Padre Stefano fu Maestro di profonda spiritualità.
La scelta religiosa di Stefano, orfano del
genitore a 5 anni, rappresentò un sollievo morale e spirituale per la madre.
Gli interessi specie nel campo artistico e letterario, raggiunto l’eccellente
traguardo degli studi teologici, risultarono molteplici. In breve divenne una
delle figure più rappresentative nella sua Congregazione, conseguendo
prestigiosi e meritati riconoscimenti.
Per quanto riguardò l’eccezionale rettitudine,
si apprende dalla testimonianza di Giuseppe Strangio che: «Qualcuno del popolo,
analogamente a quanto avveniva per Corrado Alvaro, sostiene che è vero che
Padre Stefano è famoso in tutto il mondo e che ha scritto tanti libri, ma, in
concreto, per il suo Paese ha realizzato poco o nulla. Gli viene
(impropriamente) rimproverato che pur essendo un autorevole studioso, che
“conta” a Roma, non si è adoperato per sistemare giovani laureati di San Luca
in posti pubblici, non ha trovato qualche collocazione per giovani disoccupati,
non ha portato finanziamenti per il paese».[3]
Ma il prestigio che il Padre diede alla Comunità sanluchese valse molto più di
un favore temporaneo: ben lo sanno coloro che hanno a cuore il senso della
giustizia.
Fra la ricca produzione teologica del Padre ci
limitiamo a segnalare qualche grande opera: De Fiores - Goffi (edd.), “Nuovo
dizionario di spiritualità” - Ediz. Paoline - Roma, 1999; De Fiores - Meo
(edd.), “Nuovo dizionario di mariologia” - Ediz. Paoline - Cinisello B., 1996;
“Maria. Nuovissimo dizionario” - Ediz. Dehoniane - Bologna, 2008. Ed ancora:
“S. Luca. Memorie storiche a 400 anni dalla
fondazione” (1592) - Ediz. Monfortane - Roma, 1989; “Il beato Camillo Costanzo di Bovalino. Con 17 lettere
inedite dal Giappone e dalla Cina” - Ed. Qualecultura/Jaca Book - Vibo
Valentia, 2000.
La forte devozione mariana di Padre Stefano,
in un certo senso, potremmo avvicinarla a quella di Giovanni Paolo II che aveva
scelto per suo motto apostolico: “Totus tuus”.
Ha scritto De Fiores: «Dalla storia della
mariologia risulta che Maria è una donna protagonista e una “sintesi di
valori”, tanto che il sociologo A. Greeley la definisce: “Il simbolo più
popolare del Cristianesimo” e la teologa Elizabeth Johnson: “La figura
femminile più celebrata nella tradizione cristiana”. Ella appartiene alla
cultura ebraico-mediterranea, ma anche a tutte le altre che l’hanno adottata e
proclamata beata, secondo la profezia del “Magnificat”».[4]
Come Francesco, fedele sposo di donna Povertà
e che i suoi seguaci affascina, anche Stefano realizzò la sua mistica unione
con Madre Chiesa fino a festeggiarne nel 2009 le nozze d’oro. Avrebbe inneggiato
il divino poeta:
«Oh ignota ricchezza! Oh ben ferace!» (Pd XI,
82)
«... dietro allo sposo, sì la sposa piace» (Pd
XI, 84).
Nel delicato momento storico in cui viviamo,
caratterizzato dalla polemica sulla
presenza del Crocefisso nei luoghi pubblici, è opportuno esaminare il
pensiero di Padre Stefano nei riguardi della croce e delle radici cristiane
dell’Europa.
La croce di Polsi ha aperto la mente alla
considerazione dei monaci basiliani, poiché il suo culto affonda le sue radici
nel monachesimo bizantino o italo-greco. La croce è il simbolo che unisce le
diverse genti, in particolare la
Chiesa greca e quella latina con i loro rispettivi riti, in
quel lungo periodo di condominio, all’insegna della tolleranza che gli storici
datano dall’anno mille al XV secolo. Non per nulla la croce di Polsi è
sormontata dalla mezzaluna, con riferimento alla convivenza rispettosa con i
musulmani.
Ha affermato De Fiores: « “Fulget crucis
mysterium” - canta la liturgia nel periodo quaresimale. La stessa frase diciamo
noi dopo aver ricordato le vicende della croce di Polsi. E’ vero che il bue
l’ha trovata per terra e quindi così venne raffigurata, ma la scena non
ricevette l’approvazione di Benedetto XIV (Prospero Lambertini) se non a patto
che “si scolpisse un Angelo in atto di reggere la croce”. Al di là delle
raffigurazioni, la croce deve essere innalzata, cioè mostrata, onorata,
celebrata. Contemplare la croce è entrare nelle profondità del mistero del
sommo amore di Cristo per il Padre e per tutti gli esseri umani. Il discorso
sulla croce è quanto mai serio e impegnativo, e saturo d’interpellanze da non
disperdere. [...] La croce è un simbolo che risale all’antichità più remota: a
Creta se ne è trovata una scolpita in marmo 15 secoli avanti Cristo. Prima di
essere un supplizio, la croce è il simbolo più totalizzante in assoluto: ha
forza “centrifuga e centripeta”, rimanda e unisce l’est e l’ovest, il nord e il
sud. S’iscrive nel cerchio, genera il quadrato e il rettangolo. La croce latina
che sviluppa l’asse verticale inferiore, richiama le dimensioni dell’uomo e
diventa infine simbolo di Cristo crocifisso, anzi s’identifica con lui fino a
poter essere adorata (con culto “relazionale” non assoluto)».
Pertanto, concludiamo con De Fiores: «Ora che
riconosciamo nella croce di Polsi un segno eloquente dell’unità d’Europa, sta
a noi onorarla: “A la cruci avimu a fari
grandi onuri!” ».
E’ anche questo il nostro modo migliore per
ricordare Padre Stefano!
[1]
Fondazione C. Alvaro, “Da Polsi a Loreto con Maria nel cuore” - Dalla
presentazione di P. Giuseppe Fiorini
Morosini -
Arti Grafiche Ediz., Ardore M. (RC), 2009. Dal libro ho tratto le note
biografiche di S. De Fiores.
[2]
Domenico Caruso, “Storia e folklore calabrese” - Centro Studi “S. Martino” - S.
Martino (RC), 1988.
[3] “Da
Polsi a Loreto...”, op. citata.
[4] Da “I
Santi nella Storia” - Vol. n. 13 - (Indici e Patronati) - Edizioni San Paolo -
Cinisello B. (MI), 2006.
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